Sunday, September 26, 2010

Amedeo Gordini

Amédée Gordini (June 23, 1899 – May 25, 1979) was an Italian-born race car driver and sports car manufacturer in France.
Gordini was born in Bazzano, Province of Bologna in the Emilia-Romagna region of northern Italy. He was a young boy when he became fascinated with automobiles and racing. In his early teens, he worked as a mechanic for Alfieri Maserati. After serving in the Italian army during World War I, in 1926 he settled in Paris, France and raced cars for Fiat in Grand Prix motor racing events and at the 24 hours of Le Mans.
In the 1930s he joined with Simca to improve their engines and eventually founded the Gordini company to build a line of sports cars for racing. In the 1940s, his son Aldo joined his racing team as a mechanic and occasional driver.
The cars that Amédée Gordini sent to the race track in Le Mans were very fast. Gordini, France’s legendary engine tuner, also called the “sorcerer”, breathed Grand Prix performance into regular engines - a feat no one believed possible. The Musée National de l'Automobile de Mulhouse in Mulhouse, France featuring the (Schlumpf Collection) has in its collection Grand Prix and road racing cars of the Gordini brand. Exhibits include a type 16 Grand Prix from 1954, a single seater type 32 from 1956 and the Gordini 26 S, the car driven by the famous French authoress Françoise Sagan.
After World War II, obtaining financial support for racing became increasingly difficult and Gordini's long relationship with Simca ended in 1956. However, the Renault car company engaged him and Gordini notably developed the Renault Caravelle, Renault 5 Alpine Turbo, Renault 8, Renault 12 and the Renault 17 amongst others.
In 1953 the government of France awarded Amédée Gordini the Legion of Honor.
Amédée Gordini died in 1979 in Paris and was buried in the Montmartre Cemetery.



Amedeo , affascinato dalla meccanica, nel 1925 aiutato dall'amico Enzo Ferrari[1] si trasferì in Francia con la speranza di realizzare il suo sogno: lavorare con le automobili.
In Francia, Amedeo Gordini trovò impiego presso l’officina Cattaneo[1], a Saint Cloud ma poco dopo, nel 1929, aprì una propria officina a Parigi in società con l'amico Cipriani[1]. Negli anni '30, i successi professionali gli consentirono di firmare un contratto con la casa automobilistica Simca, presso la quale, per le sue abilità di preparatore, si guadagnò il soprannome di Le Sorcier (il Mago), capace di operare vere e proprie metamorfosi sui motori di vetture di serie. Sotto le sue mani, anche le piccole Simca 5 e Simca 8 si trasformarono in bolidi da corsa per la 24 Ore di Le Mans. Dopo la seconda guerra mondiale, tutto sembrava possibile. Amedeo Gordini aveva delle grandi ambizioni: voleva costruire i “suoi” modelli e, mentre l’industria automobilistica francese si risollevava dal periodo postbellico, elaborò alcune monoposto da gara utilizzando i componenti di Simca. La sua prima vera creazione vide la luce nel 1946 in un’officina di Boulevard Victor, vicino alla Porte de Versailles, a Parigi. Nel 1947, la cilindrata passò a 1220 cc e, l’anno seguente, a 1430 cc. Ma la parentela con la Simca 8 restava sempre intuibile al di là delle forme piacevolmente affusolate della vettura.
Nel 1950, prima edizione del Campionato mondiale costruttori: Amedeo Gordini si sentì pronto a lanciarsi in questa avventura con un monoblocco che riteneva all’altezza dei requisiti di Formula 1. Il regolamento limitava la cilindrata a 4500 cc senza compressore e a 1500 cc con compressore. Sul propulsore da 1430 cc, Gordini montò un compressore Wade monostadio da 10.000 giri al minuto, una volta e mezza il regime del motore.
Ma il motore Simca con l’albero a tre cuscinetti rivelò tutte le sue debolezze quando venne sollecitato dalla sovralimentazione. Le valvole, in particolare, ressero a stento. Anche il telaio mancava della solidità necessaria, con la sua struttura a longheroni fini e le sospensioni anteriori di serie. Ma questi svantaggi si trasformarono in pregi quando si parlò di peso: la Simca era l’auto più leggera fra tutte le partecipanti al Gran Premio.
Ed è anche uno dei rari modelli ambivalenti, utilizzato sia in Formula 1 che in Formula 2 (solo la HWM di Stirling Moss riuscì a fare altrettanto). Ma le vulnerabili Simca, nonostante tutto, seppero dare del filo da torcere alle avversarie e Robert Manzon conquistò il quarto posto al Gran Premio di Francia.
Nel 1951, Amedeo Gordini mise a punto un nuovo motore che nulla più aveva a che vedere con il gruppo Simca. Si trattava di un monoblocco con albero a cinque cuscinetti, valori di alesaggio e corsa esattamente “quadri” (78x78 mm) e doppio albero a camme in testa. Il telaio, ultraleggero, restava sostanzialmente invariato. Per tutto il 1951, Gordini si alternò tra la Formula 1 e la Formula 2. I meccanici passavano giorno e notte a montare e smontare i compressori per adattare la vettura all’una o all’altra categoria. Uomini e auto arrivano sui circuiti esausti e mal preparati. Gordini, inoltre, si intestardiva a partecipare anche alla 24 Ore di Le Mans. Il bilancio della stagione fu fallimentare e Simca gli tolse il suo appoggio alla fine dell’anno. L’unica vittoria ottenuta in quel periodo dalla scuderia Simca-Gordini era stata al Gran Premio di Albi, gara non valevole per il campionato, grazie a Maurice Trintignant.
Nell’inverno seguente, Gordini era sul lastrico, ma il Mago, solitario e determinato, non si lasciò scoraggiare e tirò fuori un altro coniglio dal cilindro. Disegnò un nuovo motore che rispondeva alle norme della Formula 2, categoria nella quale si sarebbe dovuto disputare il Campionato mondiale costruttori nel 1952 e 1953. Il sei cilindri da 2 litri era sempre un motore “quadro” (alesaggio x corsa: 75x75 mm) ed aveva un carter secco. Il vero asso nella manica della Gordini era il rapporto peso/potenza: 155 CV per 450 kg. Dopo una gara preliminare a Marsiglia, la prima tappa del Campionato mondiale si tenne in Svizzera. Il camion blu arrivò sul circuito, per i giri di prova, con una sola vettura. Nel frattempo, a Parigi, i meccanici si affannavano a completare la seconda. Se si voleva arrivare in tempo a qualificarsi, però, bisognava raggiungere la pista viaggiando su strada. Nessun problema! Quando l’auto fu pronta, le misero una targa e Jean Behra si mise al volante della monoposto. Sfrecciò nel traffico, attraversò la Borgogna, la regione del Giura e finalmente arrivò a Berna, appena in tempo per schierarsi alla partenza del Gran Premio di Svizzera, dove Behra si classificò terzo. Nel giugno del 1952, al Gran Premio della Marne, che si correva sul circuito di Reims, Jean Behra mise a segno un altro colpo: vinse davanti alle Ferrari 500 F2 di Farina e Ascari, considerate imbattibili.
Sfortunatamente, il risultato non contava per la classifica mondiale. Nel 1951, con il ritorno della Formula 1 e il passaggio alla cilindrata da 2,5 litri, Gordini sviluppò una monoposto completamente nuova, moderna, ambiziosa, filante. Il motore era un otto cilindri abbinato a una trasmissione a cinque rapporti, con sospensioni a quattro ruote indipendenti. Gordini continuò fino al termine della stagione del ’56. Gettò definitivamente la spugna dopo il Gran Premio di Napoli del 1957, abbandonando anche la 24 Ore di Le Mans, dove non mancava dal 1949, prima edizione del dopoguerra. I suoi migliori risultati in questa gara rimangono i piazzamenti in sesta posizione del 1953 e 1954.
Nel 1956, Amedeo Gordini, ombroso e timido, sognava una nuova rinascita. Incontrò Pierre Dreyfus, amministratore delegato di Renault, colosso automobilistico di Stato francese a cui legherà indissolubilmente il suo nome. La prima Dauphine Gordini fu del settembre 1957. Sarà seguita dalle leggendarie R8 Gordini dal 1964 al 1970, e dalle R12 Gordini dal 1970 al 1974.
In quegli anni alla 24 Ore di Le Mans gareggiavano con successo anche le Alpine, spinte da motori Renault-Gordini. Quando uscì di scena l’ultimo modello dello storico connubio sportivo, il Mago aveva 75 anni. Gordini si ritirò in solitudine nella sua officina di Boulevard Victor e sognava ancora di meccanica. Porta il suo nome l’Usine Amédée Gordini a Viry-Châtillon. Nel corso della sua carriera venne decorato con la Legion d'Onore e dopo la sua morte, avvenuta il 25 maggio 1979, gli è intitolata una piazza a Parigi vicino alla Porte de Versailles.

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